Termine per il reclamo contro il diniego dei permessi premio: la decisione della Consulta

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 113 del 27/05/2020, in tema di permessi premio per i detenuti, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 30-ter, comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui prevede, mediante rinvio al precedente art. 30-bis, che il provvedimento relativo ai permessi premio è soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza entro ventiquattro ore dalla sua comunicazione, anziché prevedere a tal fine il termine di quindici giorni. "

In motivazione la Corte ha rilevato il termine per proporre reclamo contro la decisione del magistrato di sorveglianza in materia di permessi premio è il medesimo indicato dall'art. 30-bis, comma 3, ordin. penit., per il reclamo contro il provvedimento relativo ai permessi di necessità, pari a ventiquattro ore dalla comunicazione.

Tuttavia, prosegue la Corte, il permesso premio ha la finalità di graduale reinserimento sociale del condannato nella società, e si distingue profondamente rispetto al permesso cosiddetto di necessità previsto dall'art. 30 ordin. penit..

Irragionevole in relazione all'art. 3 Cost. appare, anzitutto, la previsione di un unico termine di ventiquattro ore sia per il reclamo avverso il provvedimento relativo ai permessi "di necessità" – rispetto ai quali la brevità del termine appare correlata, nell'ottica del legislatore, alla situazione di urgenza allegata dall'interessato a fondamento della propria richiesta –, sia per il reclamo contro la decisione sui permessi premio, rispetto alla quale tali ragioni di urgenza certamente non sussistono.

Secondo la Corte Costituzionale è ingiustificatamente pregiudizievole rispetto all'effettività del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. un termine così breve rispetto alla necessità, per l'interessato, di articolare compiutamente nello stesso reclamo, a pena di inammissibilità, gli specifici motivi in fatto e in diritto sui quali il tribunale di sorveglianza dovrà esercitare il proprio controllo sulla decisione del primo giudice. E ciò anche in relazione alla oggettiva difficoltà, per il detenuto, di ottenere in un così breve lasso di tempo l'assistenza tecnica di un difensore.

D'altra parte, l'introduzione, ad opera dell'art. 3, comma 1, lettera b), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2014, n. 10, della disciplina di cui all'art. 35-bis ordin. penit. sul reclamo giurisdizionale avverso le decisioni delle autorità penitenziarie che riguardano il detenuto, fornisce oggi un preciso punto di riferimento, già rinvenibile nel sistema legislativo e idoneo a eliminare il vulnus riscontrato.

Il comma 4 del menzionato art. 35-bis ordin. penit. prevede nell'ambito di quel procedimento il termine di quindici giorni per il reclamo innanzi al tribunale di sorveglianza, decorrente dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione del magistrato di sorveglianza. Tale termine costituisce dunque una soluzione già esistente nel sistema, che si presta naturalmente a essere estesa al reclamo avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza concernenti i permessi premio.

La sentenza è consultabile a questo link: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do

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